Gazzetta di Modena

L'evento

“Ugualmente diversi”, il docufilm nato dall’incontro tra i ragazzi di PizzAut e gli studenti del Sacro Cuore

di Alberto Morsiani

	Nico Acampora, fondatore di PizzAut, con un ragazzo della pizzeria
Nico Acampora, fondatore di PizzAut, con un ragazzo della pizzeria

Mercoledì 2 aprile, in occasione della Giornata della consapevolezza sull’autismo, la regista Federika Ponnetti sarà al cinema Eden di Carpi e alla sala Truffaut di Modena per la proiezione della pellicola dedicata al tema della diversità

4 MINUTI DI LETTURA





MODENA. Che cos’è la diversità? A spiegarlo è una classe di adolescenti del Liceo scientifico Sacro Cuore di Modena che, ricorrendo alle lezioni di Aristotele, riescono a fornire alla docente le loro risposte. «Ugualmente diversi», apparente ossimoro, di Federika Ponnetti, progetto di Visioni Incontra 2023, affronta la tematica della diversità e il titolo stesso del film riprende una riflessione finale degli studenti. L’opera è una docufiction diretta da una madre di figli con dislessia e ADHD che riprende altri figli: racconta anche le storie di Lorenzo, Andrea e Gabriele che lavorano nella pizzeria chiamata PizzAut e gestita da autistici, dove campeggia la scritta “Tu non sei normale. Il miglior complimento che mi abbiano mai fatto”. La loro vita, fatta di sogni, come i loro coetanei, si intreccia, in una osmosi perfetta, con i ritratti di altri ragazzi che, davanti a una telecamera, sciorinano le loro insicurezze e debolezze. Federika affronta anche il tema dell’accessibilità del film grazie alla sottotitolatura e all’audiodescrizione. La regista presenta il suo film domani sera alle 21 alla sala Truffaut di Modena, in una serata in collaborazione con Fice Emilia-Romagna e in occasione della Giornata Mondiale per la consapevolezza dell’autismo. Altri incontri sono previsti al cinema Eden di Carpi sempre domani alle 19 e al cinema Nuovo di Castelfranco Emilia l’8 aprile.

Federika Ponnetti, come è nata l’idea del film?

«Non è un film sull’autismo ma sulla diversità. Ho due figli con ADHD e dislessia e il loro percorso di scolarizzazione è stato complesso e difficile. Bisognava non far perdere loro l’autostima. Inizialmente ci sentivamo in colpa ma poi è emersa la problematica e abbiamo intrecciato con loro una relazione diversa, un modo diverso di avere a che fare con i figli. È un percorso faticoso perché c’è sempre da lottare contro un sentimento di inadeguatezza rispetto al cosiddetto standard. ADHD e autismo hanno punti in comune, entrambe toccano il neurosviluppo. È stato a questo punto che mi è venuta l’idea di proporre un laboratorio con i ragazzi nelle scuole che poi terminasse con l’esperienza del ristorante gestito da autistici. Il processo è stato interrotto a causa del Covid, poi è ripreso».

Come è stato organizzato il lavoro di ripresa?

«Ho proposto un laboratorio e fortunatamente c’è stata una scuola che ha aderito al progetto. Ho quindi lavorato coi ragazzi sul tema della diversità e con loro sono emerse diverse storie interessanti, si sono fidati completamente di me. Questo laboratorio si vede in parte nel film. Poi siamo andati in una pizzeria gestita da autistici dove gli studenti hanno conosciuto i veri protagonisti del film, di cui fino ad allora non sapevano nulla. Si è sviluppato uno scambio naturale, con scambi di esperienze, con tante storie dentro, come quella della ragazza che vuole imparare a suonare il violino e impara da uno dei camerieri».

Si è posta molto seriamente il problema dell’accessibilità al film.

«C’è stato il caso di un’attivista sarda cinefila e sorda che grazie all’audiodescrizione ha potuto fruire il film. Con l’audiodescrizione si può consentire ai non udenti di godersi il film, ma il problema è che non c’è abbastanza informazione su dove e quando. Bisogna sensibilizzare gli esercenti e anche il mondo dell’informazione. Stesso discorso per i non vedenti. Abbiamo avuto il patrocinio dell’Unione Italiana Ciechi che avvisa delle varie proiezioni diffondendole nel suo network. Siamo ancora indietro, ci dovrebbe essere l’obbligo di comunicare per poter consentire una visione comune tra cosiddetti normali e diversi».

Nel film lo scarto tra normalità e diversità sfuma molto. Come reagisce il pubblico normale?

«Ci sono reazioni differenti al film da parte del pubblico adulto. La sfida è introdurre un modo diverso di parlare della diversità, tutti devono essere posti sullo stesso piano. Non ci dovrebbe essere uno standard cui fare riferimento in termini assoluti. Tutti noi siamo esemplari unici, e quindi tutti diversi uno dall’altro, ciascuno a suo modo. Se si impostano le cose così, allora lo scarto cui si riferiva si riduce o si annulla. Nel film, non c’è differenza tra gli adolescenti fragili e insicuri e i ragazzi autistici. Anzi questi ultimi spesso possiedono una leggerezza che manca ai primi, talvolta più confusi. Tutti siamo uguali, tutti siamo diversi. Bisogna valorizzare non la meta ma il percorso per arrivarci, come affrontiamo la diversità».